Ferrara, sua città natale, sta dedicando un grande tributo
ad uno dei suoi figli migliori: il regista Michelangelo Antonioni (ripreso nell'immagine Photofest insieme a Jack Nicholson), maestro del
cinema italiano e mondiale. L’omaggio ferrarese, nel centenario della nascita
dell’autore de "L’avventura", "Blow-up" e "Zabriskie
Point", culminerà con una grande mostra in programma nelle sale del
Palazzo dei Diamanti dal 10 marzo al 9 giugno prossimi. La rassegna è curata da
Dominique Païni in collaborazione, tra gli altri, con la Cineteca di
Bologna.
Photo Hulton Archive/Getty Images |
"Vedere è per noi una necessità", scriveva nel
lontano 1963 il regista più moderno - ancora oggi - della nostra Settima arte.
E spiegava: "Anche per il pittore, il problema è vedere. Ma mentre per il
pittore si tratta di scoprire una realtà statica... per un regista il problema
è cogliere una realtà che si matura e si consuma, e proporre questo movimento,
questo arrivare e proseguire, come nuova percezione». In questo passaggio
già si coglie uno dei paradigmi dell’opera di Antonioni: andare oltre la
pellicola in senso stretto condizionando le altre arti, scavare per raggiungere
nuove dimensioni iconografiche, proiettare in avanti, scomponendola in ogni sua
parte, la storia del cinema.
Bene sottolineano, a questo proposito, gli organizzatori del
tributo ferrarese: "L’opera di Antonioni è stata profondamente ispirata
dalle arti figurative ed ha esercitato, a sua volta, un notevole ascendente
sull'arte e sul cinema di ieri e di oggi. La mostra del 2013 inquadra l'opera
del maestro alla luce del rapporto con le altre discipline artistiche: dalla
musica alla fotografia, dalla pittura alla letteratura, attraverso
l'accostamento delle sue creazioni alle opere che lui ha ammirato, che ha
scelto di far apparire nei suoi film o che egli stesso aveva
collezionato".
Photo Jim Wilson/The New York Times |
La carriera del maestro - senza dimenticare il suo amore per
lo sperimentalismo e il documentarismo - sfugge, infatti, a facili definizioni
storiche o a catalogazioni di genere, comprese quelle linguistiche. Un mondo in
progress, quello del cinema, che muta, cambia e si trasforma mentre lo stai
realizzando, ha sempre teorizzato Antonioni. Certo, lui, insieme a
Roberto Rossellini, ha più di tutti contribuito a traghettare il cinema
italiano da uno sguardo essenzialmente realista ad uno più concentrato su una
scrittura non lineare e meno narrativa, intrisa come è stata di fratture e
contraddizioni nel racconto umano e nella poesia del linguaggio.
La famosa Trilogia in bianco e nero -
"L'avventura", "La notte" e "L'eclisse" - è
solo il punto di partenza per spiazzare nuovamente lo spettatore con il colore
sperimentale di "Deserto rosso" o con la maturità registica (e stilistica)
di "Blow-Up", "Zabriskie Point" e "Professione:
reporter", film tutti controcorrente, atipici per l’epoca e attualissimi
per i temi trattati. Basti pensare al finale deflagrante di "Zabriskie
Point", ritmato dalla musica dei Pink Floyd, o al "viaggio"
dentro e fuori da sè che Jack Nicholson compie in
"Professione:reporter". La mano di Antonioni è sempre leggera ed
elegante anche quando parla di disillusioni e fallimenti, di tematiche forti,
di angoscia e sentimenti feriti, di vite al capolinea. Cinema psicologico, se
si vuole, ma mai calligrafico (accusa che lui respinse sempre con forza).
Photofest |
Certo le origini contano: "L’esperienza più importante
che ha contribuito, io penso, a fare di me quel regista che sono... è
l’ambiente in cui sono cresciuto, vale a dire l’ambiente borghese. E’ stato
questo mondo che ha contribuito ad indicarmi una certa predilezione verso certi
temi, certi personaggi, certi problemi, certi conflitti di sentimenti e
psicologie". Non resta che andare a Ferrara per entrare in questo vissuto.
Per scoprire che Michelangelo Antonioni è ancora dentro i nostri cuori e le
nostre menti.
Daniele Vaninetti
Lo sguardo di Michelangelo. Antonioni e le arti
10 marzo - 9 giugno 2013
Palazzo dei Diamanti
Corso Ercole I d'Este, 21
44121 Ferrara