Precursore indiscusso del "Rinascimento" dell'enogastronomia italiana - come ebbe a definirlo Giannola Nonino -, intellettuale a tutto tondo e giornalista del vino e della terra che lo produce, divulgatore e ricercatore del "senso" più profondo del buono e del bello nei loro accostamenti, Luigi Veronelli (Milano 2 febbraio 1926 - Bergamo 29 novembre 2014) ha lasciato un'eredità preziosa in molti campi. A 10 mesi dalla costituzione del Comitato Decennale che porta il suo nome, e che intende valorizzarne il pensiero e l'opera con un percorso di iniziative culturali che culmineranno con Expo 2015, molti propositi per rendergli omaggio sono realtà.
Proprio dal Comitato Decennale arriva l'annuncio che "la data della grande mostra alla Triennale di Milano è stata fissata (20 gennaio- 25 febbraio 2015) mentre appuntamenti, manifestazioni e iniziative programmate compongono un calendario che si arricchisce di giorno in giorno: una sorta di partecipazione corale intorno alla data del 29 novembre 2014, ricorrenza del decennale dalla scomparsa di Gino”. Soprattutto, è in corso di realizzazione, sotto la direzione di Alberto Capatti, la prima storicizzazione dell’opera del grande enologo bergamasco. Questo lavoro rende possibile la rilettura di un percorso intellettuale lungo 50 anni e traccia i contenuti della grande mostra e del catalogo che lo accompagnerà.
"Chi cammina la terra sa che l’importante non è arrivare, ma procedere, passo dopo passo. Camminare la terra è esprimere il nostro vivere in continuo movimento. Talvolta occorre fermarsi per riposare o per pensare e per gioire o per piangere, e alla fine ricominciare a camminare. Fermarsi anche per ricordare e rivivere la strada percorsa". Giustamente si fa notare che l'espressione "camminare la terra", folgorante nella sua essenzialità, fonde mirabilmente due elementi ricorrenti nel pensiero e nell’attività di Veronelli: l’atto del camminare è nel contesto della realtà contemporanea una forma di nostalgia oppure di resistenza… Esprime, cioè, il riconoscimento di una bellezza intrinseca alla volontà di apprezzare lo spazio che ci circonda, riconducendo tutto a un’idea di lentezza, di permanente, di lunga durata. Usare i piedi per pensare, per elaborare idee e riflettere su come le cose possono essere cambiate.
Un cammino che si rinnova ogni giorno, in un impegno al tempo stesso individuale e sociale, che si dipana durante tutto l’arco di una vita. Ma, al di là di una metafora così feconda di significati, l’orma del piede impressa nella terra rappresenta l’adesione ideale e il riconoscimento da parte di Veronelli della centralità di quel mondo contadino che con il suo quotidiano lavoro ha modellato nel corso dei secoli l’ambiente e il paesaggio. La terra solcata dal “suo” camminare, piuttosto che un contrappunto di dettagli pittoreschi, è un insieme, una convergenza, un momento vissuto. Il paesaggio non è un cerchio chiuso ma un dispiegarsi. Nel pluridecennale lavoro del maestro, teso alla conoscenza e alla valorizzazione di quegli antichi saperi, emerge la piena consapevolezza che essi costituiscono, oggi più che mai, una risorsa e un patrimonio, ma rischiano la scomparsa senza adeguati interventi di sostegno.
Creatività, manualità, abilità tecnica, capacità imprenditoriale sono le risorse tramandate da generazioni di contadini, vignaioli, frantoiani, pescatori, allevatori, operai e artigiani. Ecco allora l’importanza crescente di un recupero della memoria per la salvaguardia di valori che sono innanzitutto morali, sociali, umani. E solo in questo contesto si può riscoprire un altro motto famoso di Veronelli: "Il peggior vino del contadino è migliore del miglior vino industriale". Sfuggente alle facili classificazioni e definizioni, la figura di Gino racchiude un caleidoscopio di interessi, ricerche, presenze mediatiche e non. Quindi tutto si tiene: "Un uomo trasparente con i piedi per terra" (Carlo Petrini), "l'inventore del giornalismo enogastronomico", "un uomo libero" (Elio Ghisalberti). O l'abile titolatore dei suoi lavori ("Come partecipare a una fiera del vino senza uscirne in coma etilico").
Certo il buon vino, ma il "nettare" più prezioso che alimentava la vita di Veronelli era molto più raro: un mix di curiosità incessante e di ricerca perpetua dell'essenzialità e dei veri valori per cui vale la pena vivere. Una sete di conoscenza (anche musicale) da regalare agli altri, in televisione o sulle guide (persino in quella d'Oro dedicata agli alberghi che resta tra le migliori in assoluto nel panorama di settore), con gli amici o nelle sua attività didattiche aperte in Città Alta sui colli che sovrastano la Bergamo moderna. Gino intellettuale romantico, fine studioso dei classici ma anche di Apollinaire, strenuo difensore dei prodotti autoctoni, delle tipicità e delle specificità di una cultura millenaria (i “Giacimenti enogastronomici”). Una cultura che ha sempre i "piedi per terra" e che, fin quando le forze la sorreggono, si mette in cammino.
Sarà un autunno intenso quello del Comitato Decennale Luigi Veronelli. Si comincia il 18 e 19 ottobre 2014, nel contesto del Congresso Nazionale Fisar a Bologna, con un convegno e degustazione dedicati. Pochi giorni dopo, venerdì 24, questa volta al Salone del Gusto di Torino, altro incontro in collaborazione con Slow Food. Nei due giorni successivi, il 25 e 26, ad Ameno sul Lago d’Orta, appuntamento con “La cucina di Veronelli”, con Alberto Capatti. In questa sede sarà presentato il libro “Luigi Veronelli La vita è troppo corta per bere vini cattivi”, con Gian Arturo Rota e Nichi Stefi. Il mese di ottobre finirà all’Istituto Alberghiero Giolitti di Mondovì, in provincia di Cuneo, con un altro omaggio al maestro.
Daniele Vaninetti