Sassicaia, quelle "piccole" annate di un grande vino

Le annate dimenticate del Sassicaia? No, solo "più piccole"
Un grandissimo vino e le sue annate apparentemente dimenticate. L'analisi storica di un grande terroir e di una celebre impresa familiare, dentro e attorno alla Tenuta San Guido nella zona della toscanissima Bolgheri, non può che porre in evidenza tutte le produzioni. Anche per questo la degustazione andata in scena al recente Vinitaly di Verona ha segnato tutta la manifestazione, riproponendo la saga di quello che negli anni, grazie alla capacità del marchese Mario Incisa della Rocchetta, alla lungimiranza di suo figlio Nicolò e alla maestria dell’enologo Giacomo Tachis, è diventato uno dei più simboli del Made in Italy. L’appuntamento di Verona recava il titolo, a suo modo insolito per una cantina così prestigiosa, "Indietro nel tempo con il Sassicaia. Le annate dimenticate". E subito vediamo che in gioco è ben altro.
"Annate non dimenticate, ma considerate un po’ più 'piccole' rispetto alle altre", ha precisato, infatti, Priscilla Incisa della Rocchetta, che a Verona ha ricordato la nascita del Sassicaia come "vino da bere in famiglia, voluto dal nonno Mario, che comprese come il territorio di Bolgheri fosse vocato alla coltivazione di vigneti Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc". Solamente dal 1968 il Sassicaia si apre al mercato e dal 1994 trascina il territorio alla conquista della Doc Bolgheri.
Priscilla Incisa della Rocchetta e Giovanni Mantovani (Foto Veronafiere)
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È un prodotto che rappresenta le nostre origini e la nostra famiglia - ha continuato Priscilla -. Negli anni si è trasformato in uno dei simboli del Made in Italy di alto livello nel mondo e per noi è una grande responsabilità portare avanti questo progetto, seguendo sempre lo spirito originario della nostra attività". Ha reso omaggio al Sassicaia e alle sue affermazioni anche il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, per il quale "la storia della Tenuta San Guido si incrocia con un altro grande uomo, l’enologo Tachis, che abbiamo ricordato nel 2016 proprio a Vinitaly. Grazie a loro il Sassicaia è divenuto un modello che ha dato vita ai cosiddetti 'Super-Tuscan'. Non solo: ha creato dal nulla il distretto vitivinicolo di Bolgheri, nella Maremma, dando vita a uno dei grandi territori del vino in una zona sino allora sconosciuta". "È uno dei grandi nomi della viticoltura ricercati in Cina proprio per la sua qualità e la grande storia che ha alle spalle", aggiunge, da parte sua, Stevie Kim, managing director di Vinitaly international academy (Via), presente a Verona con il direttore scientifico, Ian D’Agata, che ha condotto la degustazione insieme a Carlo Paoli, direttore generale tecnico di Sassicaia e Tenuta San Guido. 
Sassicaia 1992, un'annata "minore" per il grande vino toscano
Per gli amanti di date e numeri, le annate degustate, di altissimo livello, nonostante siano figlie di "stagioni complicate sul versante meteorologico" - spiegano Ian D’Agata e Carlo Paoli - sono state otto: 1992, 1994, 2002, 2005, 2007, 2008, 2010, 2014. 
Tenuta San Guido produce ogni anno a Bolgheri 180-200 mila bottiglie di Sassicaia. "Poco più della metà viene esportata e il resto rimane in Italia - precisa Priscilla - . E' una scelta voluta perché il nostro è un prodotto italiano e riteniamo che chi viene  nel nostro Paese lo debba trovare". Una curiosità: Mario Incisa della Rocchetta fu il proprietario di un altro simbolo italiano, il cavallo Ribot, uno tra i galoppatori più forti di tutti i tempi. La verticale di Sassicaia ha evidenziato, se ancora ce ne fosse bisogno, che le "annate piccole" dei vini della Tenuta San Guido forse non lo sono poi troppo. Insomma, il vino italiano più noto al mondo resta grande anche quando la natura diventa, parafrasando Leopoardi, "matrigna". 
L'intuizione di Mario Incisa della Rocchetta, poi raccolta e sviluppata dagli eredi, ha avuto ragione della storia e delle sue avversità proprio perché un grande vino sa rimanere tale anche quando le cose non vanno proprio tutte per il verso giusto. Più semplicemente siamo di fronte a produzioni che sono tenute "in tensione" da condizioni climatiche avverse che, nel caso specifico della Tenuta San Guido, probabilmente non sono altro che declinazioni diverse di un unico concetto enologico: quello di eleganza.


Un grande contributo a questo classicismo enoico lo ha dato certamente anche il "padre" tecnico del Sassicaia, Tachis, che fin dai primissimi anni di imbottigliamento del gioiello della Tenuta San Guido ha tracciato un indirizzo preciso e sempre leggibile per il successo di questo protagonista assoluto del panorama vitivinicolo del Belpaese. Ecco, allora, la possibile conclusione: le cantine toscane di San Guido conservano una serie di annate meno blasonate, anche "più sfortunate" si potrebbe dire - o "piccole", come le chiamano i francesi  - ma comunque sempre capaci di esprimere nel bicchiere stile, carattere e un filo rosso che le lega con le migliori. Complice anche il tempo che rende l'evoluzione di questi vini in apparenza più lenta. Ma alla fine è sempre e comunque il nobile Sassicaia a vincere su tutto.

                                                                                                  D. V.