Courtesy Fondazione Brescia Musei |
Nell’opera, Zehra Doğan si ritrae in abito da infermiera mentre lotta contro il Covid-19 utilizzando un fonendoscopio come fionda, riecheggiando il biblico scontro tra Davide e Golia; a fianco della protagonista compaiono i primi versi di "Bella ciao" accostando il tema della lotta alla pandemia ai valori della resistenza, per la quale Brescia è insignita della Medaglia d'Argento, ed in generale ai temi delle guerre di liberazione, fulcro della ricerca artistica di Zehra, del suo impegno politico e della sua vicenda umana. L’opera rimarrà esposta almeno fino a settembre 2020. La grande installazione corona il sodalizio tra l’artista e giornalista curda e la città di Brescia, creatosi con la mostra "Avremo anche giorni migliori - Zehra Doğan. Opere dalle carceri turche", tenutasi dal 16 novembre 2019 all’8 marzo 2020 presso il Museo di Santa Giulia e inaugurata in occasione del Festival della Pace. La mostra, a cura di Elettra Stamboulis e corredata da un catalogo edito da Skira, è stata la prima personale di taglio curatoriale dell’artista e ne ha segnato la scoperta da parte del pubblico europeo. L’esposizione ha riscontrato un grande successo registrando una affluenza di 17.456 visitatori. Il percorso espositivo riuniva circa 60 opere inedite - tra disegni, dipinti e lavori a tecnica mista - realizzate durante la detenzione dell’artista nelle carceri turche per quasi tre anni a causa del suo impegno artistico e giornalistico a favore della lotta di liberazione del popolo curdo. La mostra è stata accompagnata da vari e importanti eventi speciali, fin dall’inaugurazione che ha visto la partecipazione del presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Il ricco programma di attività di approfondimento per il pubblico adulto, per le famiglie e le scuole ha previsto decine di laboratori e visite guidate che hanno attirato centinaia di persone; particolarmente significativo il laboratorio presso il Carcere di Verziano. Sabato 23 novembre 2019 l’artista ha realizzato dal vivo presso il Museo di Santa Giulia un ritratto di Hevrin Khalaf, segretaria generale del Partito del Futuro siriano e attivista per i diritti delle donne, uccisa barbaramente il mese prima da miliziani.
La valorizzazione dell’artista grazie alla mostra bresciana è sfociata in un invito a partecipare in dialogo con Roberto Saviano alla trasmissione “Che tempo che fa” nel dicembre 2019. Giovedì 23 luglio 2020 alle ore 23.15 Rai Uno trasmetterà il Concerto di Paestum del Ravenna Festival diretto da Riccardo Muti, quest’anno dedicato alla Siria, che ha ospitato un contributo di Zehra Doğan. L'artista ha preso parte, lo scorso 3 luglio a Ravenna e il 5 luglio a Paestum, ai due concerti del Ravenna Festival diretti da Riccardo Muti, intitolati "Le vie dell’amicizia: concerto per la Siria" e dedicati alla città di Damasco, all’archeologo Khaled al-Asaad, ucciso dall’Isis nel 2015, e all’attivista Hevrin Khalaf, di recente uccisa dai miliziani. In questa occasione, oltre a presentare un quadro dedicato a Hevrin Kahlaf da lei realizzato durante il concerto di Ravenna, Zehra Doğan ha condotto un’intensa performance accompagnata dai canti dall’artista curda Anyur Doğan in ricordo di Khaled al-Asaad nel templio di Paestum. Zehra Doğan ha danzato tra le colonne doriche impugnando una bandiera bianca, realizzando poi sulla propria tunica un disegno della dea Ishtar, divinità babilonese dell’amore.
La grande visibilità e il prestigio internazionale di Zehra Doğan si legano proprio al riconoscimento istituzionale avuto con la mostra bresciana “Avremo anche giorni migliori”, con la quale Zehra Doğan ha potuto far risuonare il suo grido di libertà. La qualità e il carattere poliedrico della sua arte si intrecciano con la sua drammatica vicenda personale, con gli eventi geopolitici di stringente attualità e con il momento di grande dolore e perdita provocato dalla recente pandemia. La presidente della Fondazione Brescia Musei, Francesca Bazoli, anche a nome del Comune, ringrazia Zehra Doğan per il dono che ha voluto fare alla comunità bresciana ed esprime sentita soddisfazione per la grande eco ricevuta dalla mostra presso il Museo di Santa Giulia. Zehra è nata nel 1989 a Diyarbakır, in Turchia. Si è laureata alla Dicle University’s Fine Arts Program e ha co-fondato la prima agenzia stampa costituita unicamente da donne, JINHA (Jin in curdo significa donna), per la quale ha lavorato dal 2010 al 2016, finché JINHA non è stata chiusa da un decreto governativo. Nel corso di questi anni, Zehra Dorğan è stata insignita di diversi premi, come il Metin Göktepe Journalism Award, uno dei più prestigiosi in Turchia, e recentemente l'"Exceptional Courage in Journalism Award", della Fondation May Chidiac (MCF) in Libano. Durante la guerra in Iraq e Siria, l’artista e giornalista ha seguito direttamente le vicende da entrambi i Paesi ed è stata una delle prime giornaliste a raccontare la storia delle donne Yazide ridotte in schiavitù dall’Isis nel nord dell’Iraq. Nel periodo del conflitto nelle aree curde della Turchia, Doğan ha provato a raccontare la guerra nelle città interessate dal coprifuoco come Cizre e Nusaybin, zone in cui la presenza dei giornalisti era bandita dal governo nazionale. Nel luglio 2016, Zehra Doğan è stata imprigionata a Mardin, il giorno dopo aver lasciato Nusaybin. A seguito di un processo, nel marzo 2017 è stata condannata a scontare 2 anni 9 mesi e 22 giorni di carcere per "propaganda terrorista" a causa dei suoi scritti giornalistici e di un acquerello. Il 23 ottobre 2018 un prelievo forzato ha condotto l’artista dalla prigione di Diyarbakir a quella a più alta sicurezza di Tarso. L’opera di Zehra è stata esposta nell’agosto 2016 in Francia al Douarnenez Film Festival. Nel 2017, in attesa del processo dopo la prima detenzione, ha organizzato una mostra a Diyarbakır, dal titolo "141" (il numero dei giorni trascorsi in cella) con i dipinti realizzati in prigione.
Photo: Courtesy Fondazione Brescia Musei