Venezia, a Paul Schrader il Leone d'Oro alla Carriera

Appena il tempo di apprezzare in prima tv su Sky il suo ultimo film "Il collezionista di carte", ed ecco che al regista ("First Reformed", "Il bacio della pantera", "American Gigolo") e sceneggiatore ("Toro  scatenato", "Taxi Driver", "Complesso di colpa", "Yakuza") Paul Schrader (qui sopra nella foto di copertina) viene conferito il Leone d’Oro alla carriera della 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto - 10 settembre 2022). La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia, che ha fatto propria la proposta del direttore della Mostra Alberto Barbera. "Sono profondamente onorato - ha dichiarato il cineasta Usa, nell'accettare la proposta -. Venezia è il mio Leone del cuore". Proprio "Il collezionista di ossa", presentato in Laguna nel 2021, ha confermato tutto il rigore della filmografia dell'autore americano, apprezzato dalla critica per l'insieme della sua opera e il suo stile sempre autoriale e personalissimo. Il cinema indipendente a stelle e strisce trova in lui un testimone autorevole, si potrebbe dire di "vecchia scuola" ma dalle abilità tecniche e poetiche spesso uniche.
In questo caso Schrader dirige Oscar Isaac, Tye Sheridan e Willem Dafoe nella storia di un giocatore d'azzardo che incontra, nel suo peregrinare di casinò in casinò, un ragazzo in cerca di vendetta. E così "Il collezionista di carte", in realtà, finisce per parlare d'altro: di amicizia, redenzione, moralità e scelte esistenziali. Piccolo gioiello di scrittura e montaggio, il film ha un epilogo amaro ma - qualcuno ha scritto: "calvinisticamente" - è una lezione a tema su che cosa scegliere davvero nei momenti più duri dell'esistenza. A proposito del Leone d'Oro, Barbera ha dichiarato: "Schrader è una figura centrale della New Hollywood che ha rivoluzionato l’immaginario, l’estetica e il linguaggio del cinema americano a partire dai tardi anni Sessanta. Non è un’esagerazione affermare che si tratta di uno dei più importanti autori Usa della sua generazione, un cineasta profondamente influenzato dal cinema e dalla cultura europea, uno sceneggiatore ostinatamente indipendente, ma capace di lavorare su committenza e di muoversi con disinvoltura nel sistema hollywoodiano. L’audace stilizzazione visiva che informa tutte le sue opere, le colloca tra le forme più moderne di un cinema non riconciliato e sottilmente indagatore della contemporaneità. Una contemporaneità con cui Schrader si confronta non solo con curiosità intellettuale e umana instancabile, ma anche con una sorprendente capacità di navigare l’evoluzione tecnologica del cinema e quella del suo sistema produttivo e distributivo. Grazie a questa spericolatezza - che non molti autori del suo livello osano, nella fase matura della loro opera - Schrader non solo continua a lavorare, ma ci ha dato alcuni dei suoi film più belli proprio negli ultimi anni". Da parte sua, il presidente della Biennale di Venezia, Roberto Cicutto, ha aggiunto: "La 79. Mostra d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia porta con sé un compleanno molto importante. Era il 1932 quando, sulla terrazza dell’hotel Excelsior, si tenne la prima edizione del più antico festival cinematografico del mondo. Quindi quest’anno la Mostra compie 90 anni. I fatti della storia gliene hanno tolti 11 se si conta il numero di edizioni realizzate. Ma questo anniversario è un dono in più, che la Mostra fa al Leone d’Oro Paul Schrader, poliedrico autore di cinema".

Oscar Isaac in "Il collezionista di carte" di Paul Schrader

Paul Joseph Schrader è nato nel 1946 a Grand Rapids, Michigan (Usa). Ha scritto e diretto più di trenta film. Si è laureato al Calvin College, in seguito ha conseguito un master alla UCLA Film School di Los  Angeles e si è iscritto poi all’American Film Institute. Dopo gli inizi come critico cinematografico con un libro ancora adesso studiato (Transcendental Style in Film: Ozu, Bresson, Dreyer), si è imposto nel mondo del cinema con le sue sceneggiature innovative,  lasciando un segno indelebile nei film di registi quali Sidney Pollack ("Yakuza", 1974) e Brian De Palma ("Complesso di colpa", 1976), e collaborando per quattro volte con Martin Scorsese: "Taxi Driver" - Palma d’oro al Festival di Cannes del 1976 e nominato all’Oscar come miglior film - "Toro scatenato" (1980), "L’ultima  tentazione di Cristo" (1988) - presentato nel 1988 alla Mostra di Venezia – e "Al di là della vita" (1999). Senza rinunciare alla sua attività di sceneggiatore, il suo debutto dietro la cinepresa con l'attualissimo "Blue Collar" (Tuta blu, 1978) - con Richard Pryor e Harvey Keitel, basato su una sceneggiatura scritta con  il fratello Leonard, su un gruppo di operai che tentano di uscire dalla loro condizione socio-economica attraverso il furto e il ricatto - ha inaugurato la sua carriera di regista in continua tensione fra ricerca e sperimentazione. Sempre nel 1978 Schrader  ha scritto e diretto una sorta di libera autobiografia, Hardcore con George C. Scott, seguita dall’acclamato noir "American Gigolo" (1980), con Richard Gere, e dal remake horror ottimamente accolto dalla critica "Il bacio della pantera" (1982), con Nastassja Kinski e Malcolm McDowell. Il dramma biografico "Mishima. Una vita in quattro capitoli" (1985), ispirato allo scrittore giapponese Yukio Mishima, intreccia episodi dalla vita dell'autore estrapolando segmenti dei suoi libri. Mishima, che ha avuto Francis Ford Coppola e George Lucas come produttori esecutivi, è stato presentato in concorso al Festival di Cannes. Nel 1998, Schrader ha scritto e diretto "Affliction", molto acclamato dalla critica. Il film racconta la storia di un poliziotto (Nick Nolte) di una piccola città, ossessionato dalla risoluzione  del mistero di un incidente mortale di caccia. La sceneggiatura di Schrader si è basata sul romanzo di Russell Banks. Il film ha ottenuto molti riconoscimenti, incluse due nomination all’Oscar per gli attori (Nolte e James Coburn). Nel 2019, Schrader è stato nominato all’Oscar per la migliore sceneggiatura per il thriller drammatico "First Reformed", con Ethan Hawke e Amanda Seyfried, che Schrader ha anche diretto, presentato in prima mondiale alla Mostra di Venezia 2017 e accolto da grande consenso critico. Nel 2021 Schrader ha convinto un'altra volta la critica internazionale proprio per la sua capacità di raccontare - scarnificandolo - un dramma dove al tavolo da poker "il collezionista di carte", ad un certo punto, preferisce un altro "gioco": quello della coerenza con se stessi e gli altri. 


     

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