Il progetto nomade di Khalil Rabah approda a Torino

La Fondazione Merz presenta sino al 28 gennaio 2024 il nuovo progetto espositivo dell’artista Khalil Rabah (Gerusalemme, 1961) intitolato Through the Palestinian Museum of Natural History and Humankind, a cura di Claudia Gioia. Per la prima volta a Torino, Khalil Rabah realizza specificatamente per gli spazi della Fondazione Merz una nuova edizione del Palestinian Museum of Natural History and Humankind, il progetto nomade e in continua evoluzione da lui inaugurato nel 2003 e portato avanti sino a oggi, presentandolo in diversi luoghi come Istanbul, Amsterdam, Londra, New York, Roma, Atene e Sharjah. The Palestinian Museum of Natural History and Humankind mette in discussione il potere degli organi ufficiali nella scrittura della storia e anche la metodologia espositiva dei musei che presentano il loro contenuto in una prospettiva unilaterale.
Spiega Claudia Gioia: "Il Palestinian Museum of Natural History and Humankind è un museo in costruzione che prende forma all’interno dello spazio che lo ospita, dove il visitatore, attraverso testimonianze ed indizi, può sperimentare il tentativo dell’artista di ricucire un racconto capace di immaginare nuove relazioni con quanto ci circonda. La collezione si articola seguendo planimetrie immaginarie o reali, arricchendosi di immagini in movimento, fotografie, piccole sculture, contenitori di olio ed espositori davanti cui fermarsi, per cercare quello che la storia non ha ancora detto, o ha detto male e deve essere raccontato di nuovo". Ecco dunque che il Museo diventa un interrogativo e il simbolo di come la cultura possa contribuire a riscrivere la storia. L’istituzione ideata da Khalil Rabah prende le mosse dal legame con la Palestina ma progressivamente assume un respiro globale, che guarda a tematiche molto ampie come quelle dei flussi migratori e delle identità culturali. In questo senso, la stessa collezione del museo si compone di opere che l’artista modifica ed integra quali testimonianze in divenire rispetto ad una realtà invece statica. A Torino, a vent’anni dalla sua nascita, il lavoro di Rabah si struttura come un attraversamento dell’intero progetto in tutta la sua temporanea estensione e riorganizzazione, per coglierne al meglio la provocazione linguistica ed estetica. Through the Palestinian Museum of Natural History and Humankind si apre su un’imponente struttura volutamente incompiuta e circondata di impalcature, pensate per trasmettere l’impressione che il progetto sia in fase di costruzione o di smontaggio.

Le pareti accolgono i vuoti lasciati dalle figure umane ritagliate che animano Acampamento Vila Nova Palestina (2017), visualizzando il senso di precarietà ed esilio che sottende alla condizione di rifugiato in tutto il mondo. Funge da contraltare l’opera 50320 Names (2006-17), un registro di 50320 edifici storici di 420 villaggi i cui proprietari non sono mai stati registrati ufficialmente in ragione delle politiche catastali in uso alla fine del XIX secolo. Le geografie frammentate della West Bank, della Striscia di Gaza, della Palestina e del Mar Morto si alternano a fisionomie di pelli animali in Common Geographies (2018-21), costruendo un’analogia tra territori conquistati e prede di caccia presentate come fossero trofei. A terra si trovano scaffali impilati Recovered (2018), in attesa di essere montati e riempiti di chissà cosa, oppure di essere svuotati. Genere umano e natura sono il focus del museo e, in questa edizione del PMNHH, il visitatore intraprende un viaggio dove l’arte è mezzo di liberazione dai disegni del potere e dove gli olivi, simbolo della cultura Mediterranea ed elemento ricorrente della mostra, trasmettono un senso di rinascita e vittoria sul deserto arido delle politiche internazionali. Il percorso del museo si conclude con il neon rosso Act III: Molding (2012) che recita la frase "In this issue: Statement concerning the institutional history of the museum" (qui si parla della storia istituzionale del museo), accompagnato dal grande archivio consultabile In this iusse. Act I: Painting (2011), che riunisce tutte le attività del museo per raccontare il lavoro di tessitura di relazioni e significati e riaffermare l’attitudine internazionale di un museo che tradisce la musealizzazione, intesa come pietra tombale sulla storia e sui contenuti.

Qui sopra: Khalil Rabah, ongoing Relocation among other things (detail), 2018. Courtesy the artist
Installation views: Khalil Rabah, "Through The Palestinian Museum of Natural History and Humankind", Fondazione Merz, Torino. Courtesy Fondazione Merz; Ph. Andrea Guermani

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L’ARTISTA

Khalil Rabah fonda la sua pratica artistica sulla rilettura della storia e delle sue interpretazioni. Spaziando tra pittura, scultura ed installazione l'artista palestinese mette in discussione la percezione pubblica, le aspettative e le modalità di esposizione. I suoi lavori nel toccare temi legati al cambiamento, alla memoria e all’identità, sperimentano nuove modalità di rappresentazione delle comunità sociali e del loro rapporto, invitando a superare le criticità di concetti cardini quali la museologia e l’etnografia. Nato a Gerusalemme nel 1961, Khalil Rabah vive e lavora a Ramallah, è il direttore artistico della Biennale di Riwaq di Ramallah, fondatore del Palestinian Museum of Natural History and Humankind e co-fondatore della Fondazione Al Ma'mal per l'arte contemporanea di Gerusalemme. Invitato in rassegne internazionali come la 53 Biennale di Venezia, l’11 Biennale di Sydney, la 9 Biennale di Istanbul, ha all’attivo mostre in numerosi musei e le sue opere sono presenti in alcune delle più prestigiose collezioni permanenti, quali British Museum di Londra, Centre Pompidou di Parigi, Metropolitan Museum of Art di New York e Guggenheim Abu Dhabi.

Khalil Rabah
Through the Palestinian Museum of Natural History and Humankind
A cura di Claudia Gioia
Fondazione Merz
Torino
Sino al 28 gennaio 2024