Nuova stagione della Filarmonica della Scala. La vigilia

Vigilia della nuova stagione della Filarmonica della Scala. Per l'inaugurazione di lunedì 27 gennaio 2025 il direttore Riccardo Chailly ha scelto di affrontare la Settima sinfonia di Mahler, "una partitura - spiega il maestro - che è forse la più difficile da eseguire e da dirigere. Iniziamo con una grande sfida e un capolavoro assoluto, che non segna il tempo". Secondo alcuni siamo di fronte alla prova sinfonica più importante del musicista austriaco, per Schönberg e Berg è un esempio geniale di invenzione armonica, la critica ne fu attratta sin dalla prima esecuzione. Eppure, la Settima rimane tra quelle meno conosciute. Un’opera rara, la cui gestazione è avvenuta nell’estate del 1905 "in un accesso di furore", come scrisse la moglie Alma.
foto Andrea Veroni
Di quest’opera Chailly ci mostra tutta la ricchezza, racchiusa in un organico orchestrale vasto e cangiante, che dipinge quei paesaggi sonori indimenticabili, tipicamente - e forse unicamente - mahleriani, per l'appunto. Domenica 26 gennaio, al Conservatorio G. Verdi, s'inaugura con questo programma anche la stagione delle Prove Aperte per il sociale, dedicata al contrasto alla povertà educativa. Le note di sale redatte da Andrea Estero fanno ulteriore chiarezza sulla genesi queste grandi note: "Estate 1905. Mahler torna a Maiernigg, nella montagna austriaca, per cercare tranquillità, concentrazione e isolamento. Dal 1897 è direttore dell’Opera imperiale di Vienna. Gli altri periodi dell’anno sono presi dalle incombenze organizzative, dall’attività direttoriale, dalle prove e dai concerti. Solo d’estate riesce a comporre. Nell’estate precedente, mentre completava la Sesta Sinfonia, aveva abbozzato le due Nachtmusiken, musiche 'notturne' che diventeranno il secondo e il quarto tempo della Settima. Disperato per non aver ancora iniziato a comporre il primo movimento, a fine giugno parte per una gita sulle Dolomiti, fino al lago di Misurina, che l’anno precedente aveva favorito l’ispirazione. 'Là la stessa storia, alla fine rinunciai e ripresi la via di casa pensando che l’estate sarebbe stata perduta (...)', ricorda il compositore. 'Montai in barca per farmi portare all’altra riva. Al primo colpo di remo mi venne in mente il tema (o piuttosto il ritmo e il carattere generale) dell’introduzione al primo tempo - e in quattro settimane il primo, il terzo e il quinto tempo erano bell’e finiti'".

 
foto Andrea Veroni 
Chailly affonda i colpi: "In questi anni abbiamo affrontato tutte le sinfonie di Mahler, mancava solo la Settima, che può essere vista come una rivisitazione, da parte del compositore, di tutte le precedenti. Una partitura che è forse la più difficile da eseguire e da dirigere; iniziamo con una grande sfida e un capolavoro assoluto, che non segna il tempo. La sinfonia si apre con una marcia funebre, che torna ogni volta con toni appassionati e minacciosi, alternandosi a momenti agresti descritti dai campanacci di montagna, quasi con l’idea di potersi staccare dal mondo, per poi tornare nella tragedia della marcia funebre. Il secondo movimento è un bellissimo notturno, dove appare però un motto tratto dalla Sesta Sinfonia, un accordo maggiore e poi minore, un’ossessione che premonisce la tragedia. Per il terzo movimento, uno scherzo, Mahler lascia un’indicazione per il direttore e per gli orchestrali: Schattenhaft, 'spettrale'. È un vortice infernale di una musica in tre quarti che ricorda il valzer viennese, come una furibonda danza con il destino. Un Ländler centrale forma il Trio, che porta a una serenità apparente. Il quarto movimento è ancora un notturno in cui l’orchestra si dirada in una trasparenza straordinaria per accogliere il primo violino, che espone la melodia di apertura, poi si aggiungono l’arpa e il mandolino. Strumenti inusuali per allora, che danno l’idea di questo colore notturno, antitetico alla negatività vissuta finora. Il Rondò finale è un vero passo di bravura orchestrale. Si comincia con il timpano solista cui segue una fanfara degli ottoni che torna otto volte, creando un percorso circolare. La penultima battuta è un’armonia distorta, un’ipotetica felicità raggiunta ma in modo illusorio. Tutta la sinfonia si sospende all’ottantesimo minuto, alla fine c’è un colpo di tutta l’orchestra che chiude con l’accordo di do maggiore". Capolavoro assoluto.

Copertina ©Giorgio Gori